La pievania di Santa Maria Assunta è stata certamente, in ordine di tempo, la prima parrocchia di Filottrano. Esistente già nel XIV secolo, prettamente in stile gotico, la chiesa sorgeva nella stessa area di quella attuale, pur essendo di più modeste dimensioni. Era stata edificata fuori della cinta muraria probabilmente perché potesse essere più facilmente raggiungibile anche dalla periferia.

La Chiesa di Santa Maria Assunta, sede della Prepositura, è posta al di fuori delle Mura Castellane a pochi passi dalla Porta Marina, detta in seguito dei Cappuccini e ora Arco Perozzi. Intorno alla seconda metà del secolo XVII si avvia la ricostruzione di uno dei più importanti templi di Filottrano, quello della Pieve o Propositura, dedicata alla Vergine Assunta. La vecchia chiesa medioevale, di linee gotiche, era divenuta insufficiente, a causa delle sue modeste dimensioni e dunque si diede inizio alla costruzione della nuova chiesa sul luogo della precedente, in forme molto più ampie e dignitose. Il Vescovo di Osimo “Card. Bichi” riconobbe la necessità di fabbricare una nuova chiesa e nel 1679, raccolte le offerte elargite con entusiasmo da tanti Benefattori della Terra di “Montefilottrano” (così era denominato il grosso borgo dello Stato Pontificio fino al 1790), si iniziò la ricostruzione “ex novo” della chiesa di Santa Maria Assunta affidando l’esecuzione dei lavori all’Architetto Matteo De Rossi.

L’interno fu arricchito di elementi decorativi e la volta fu rielaborata nel Settecento. Di notevole pregio sono la Cantoria con un Organo di ottima fattura e il Coro ligneo posto dietro l’Altare Maggiore. La chiesa era inizialmente dotata di sei cappelle, ma al giorno d’oggi il visitatore ne trova otto, poiché negli anni a seguire qui vennero trasferiti gli altari di quella che fu la chiesa della Madonna della Misericordia, detta del gonfalone.

In fondo alla chiesa vi sono alcune iscrizioni marmoree le quali attestano avvenimenti storici, altre in memoria di uomini illustri. In fondo a destra si trova la tomba di Giacomo Costantino Beltrami (1779 -1855), viaggiatore ed esploratore, scopritore delle sorgenti del fiume Mississippi, morto a Filottrano. Dal lato opposto, si trova la lapide del Conte Francesco Garampi di Rimini che fu colonello dell’esercito pontificio e gonfaloniere di Filottrano, mentre nell’ambulacro, che precede l’ingresso all’aula della chiesa, si vede un’altra epigrafe in cui compare il nome di Alba Bufondi di Forlì, moglie dell’illustre conte.

Nell’inventario compilato nel 1734, il Prevosto Don Ludovico Antonio Palmucci descrive l’esistenza di tre campane: la più grande del peso di circa “500 libbre” fu costruita nel 1620, donata dal plebano Maurizio Rattoni; la mezzana del peso di circa “400 libbre” venne fatta a spese del plebano Innocenzo Nicodemo di San Severino nel 1619; la terza campana del peso di circa “100 libbre” risalente al 1644.

La chiesa venne aperta al culto nel 1679, e ultimata nel 1776, la volta venne eseguita da Francesco Rossi detto lo “Svizzero”, così ci tramanda don Innocenzo Ascani, Priore della Chiesa di Santa Maria di Storaco dal 1776 al 1793.

la Chiesa di Santa Maria Assunta, durante il secondo conflitto mondiale e di conseguenza nella Battaglia per la Liberazione di Filottrano (luglio 1944), riportò danni gravissimi anche all’interno della chiesa stessa. Con la generosità di tanti concittadini, sollecitati dall’allora Prevosto Don Augusto Baldini, vennero eseguiti dei restauri. La lanterna posizionata alla sommità della cupola centrale della chiesa (come testimoniato da antiche foto), distrutta dai cannoneggiamenti, non è stata più ricostruita.

All’interno della navata, posizionandoci quasi a metà della chiesa, possiamo leggere, sopra l’arco della porta d’ingresso, un’iscrizione in latino che ricorda gli interventi di restauro dell’edificio di culto dopo la guerra: “Hoc templum restauratum et decoratum fuit anno MCM XXXIX /Augusto Baldini praeposto/ post bellicam ruinam in integramente restitutum est anno 1946”.

LA DEDICAZIONE

La chiesa venne consacrata e dedicata a Santa Maria Assunta il 14 giugno 1735 dal Vescovo di Osimo e Cingoli Card. Lanfredini come viene anche documentato da una epigrafe in fondo alla chiesa, fatta affiggere dal Prevosto del tempo Don Ludovico Antonio Palmucci.


“Questa chiesa matrice è stata dedicata a Maria Vergine assunta in Cielo dall’eminentissimo e reverendissimo Cardinale Giacomo De Lanfredini Vescovo di Osimo e Cingoli che con solenne rito consacrò il giorno 14 giugno 1735 su richiesta del Preposto Ludovico Palmucci”

IL PRESBITERIO

L’abside è adornato da un ciclo di dipinti che illustrano alcuni episodi della vita di Maria, opera di diversi autori. Nel primo quadro a sinistra si può vedere la “Presentazione di Gesù al Tempio” di cui non conosciamo l’autore (ora in restauro).

Accanto, invece il dipinto raffigurante la “Madonna con Gesù Bambino e i santi Pietro, Lucia e Tecla”, attribuito di recente ad Ernest Van Schayck.

Nella pala d’altare al centro, sopra la cantoria, il dipinto della “Vergine Maria Assunta in Cielo”,   la Madonna, coronata da dodici stelle, è rappresentata con le braccia aperte e lo sguardo verso il cielo, mentre gli angeli la portano in paradiso. In basso a sinistra si scorge il sepolcro vuoto, sul quale è appoggiato il lenzuolo funebre che avvolgeva il suo corpo. Il quadro fu commissionato dagli eredi del fu Collaterale Giustino Gentiloni al pittore francese Étienne Parrocel e posto in chiesa nel 1733.

A destra della pala centrale, un altro dipinto, olio su tela, raffigura la “Madonna del Soccorso”, di autore ignoto. ll “Miracolo del Soccorso” è stato qui collocato in seguito ai lavori di abbellimento della Pieve. Nel quadro del miracolo, la Madonna ha in mano un bastone e sta per colpire il diavolo apparso per spaventare una bambina che si aggrappa atterrita al vestito della Vergine. Una donna inginocchiata, presumibilmente la madre della piccola, con le braccia incrociate sul petto in segno di devozione e preghiera, è testimone del prodigio.

Nella parete destra del presbiterio, l’ultimo quadro seicentesco, rappresenta la “Discesa dello Spirito Santo su Maria e gli Apostoli riuniti nel Cenacolo”: in alto si vedono i cieli aperti, dove appare la colomba dello Spirito Santo da cui partono raggi di luce che alla fine si trasformano in fiammelle di fuoco, posandosi sul capo di Maria e degli Apostoli. Fu commissionato da Silvestro Gentiloni al pittore francese Etienne Parrocel (+1755) come adempimento di una promessa fatto allo zio Giustino Gentiloni, morto nel 1727.

Sempre dall’inventario redatto dal Prevosto Palmucci si legge che il quadro dell’”Assunta”, quello della Purificazione? e quello della Discesa dello Spirito Santo “furono pagati 200 scudi, compresi i suoi schizzi o modelli in tela colorati che si conservano in casa”, anche il ritratto del Sig. Gentiloni che si tiene nella “Libraria è di mano del Parrocelle, che per grazia lo fece pagare scudi 10”.

Sotto l’altare maggiore è stata posta un’urna che conteneva probabilmente le ossa di san Feliciano martire.

Le parole di Timothy Verdon ci aiutano a comprendere il significato teologico della disposizione delle opere: “La pala d’altare raffigura Maria assunta in cielo – qui come in altre chiese sta giusto sopra l’altare della Celebrazione eucaristica e il tabernacolo che custodisce l’Eucarestia. Chi partecipa alla liturgia davanti a questo altare comprende la fedeltà di Dio il quale, avendo creato l’uomo con un corpo ed avendo Lui stesso preso un corpo per salvare l’uomo, vuole infine portare tutto l’uomo, anima e corpo, con sé in Cielo. In secondo luogo, in questa Donna contempliamo la perfezione della natura umana, la bellezza della nostra condizione quando è come “ripulita dalla grazia di Dio e riportata all’innocenza primordiale. Se Maria è colei che ha accolto in sé il Figlio di Dio, lo ha dato alla luce, nutrito e amato, accompagnato e soccorso, qui comprendiamo che valori nobili quali la misericordia, il soccorso, l’attenta e materna protezione dei singoli, delle comunità e di intere popolazioni, perfettamente raffigurati in Maria, sono riproposti a noi uomini della terra come valori del Cielo” (Avvenire del 18/08/2012).

LA SAGRESTIA

La sagrestia è in verità una quadreria perché conserva numerosissime opere d’arte: la “Natività di Gesù” , tela attribuita a Gerrit Van Honthorst (detto Gerardo delle Notti) , la “Decollazione di san Giovanni Battista” di Ernest Van Schayck (1608), “La Madonna Bella”, sempre attribuita al pittore  appena citato e un dipinto raffigurante “Sant’Omobono”, protettore dei sarti e dei mercanti, eseguito da un pittore anonimo.

LA CAPPELLA DEL CROCIFISSO

Sull’altare della cappella a destra del presbiterio, un sontuoso altare con colonne in pietra e stucchi nella cimasa. Al centro è raffigurato “Gesù Crocifisso”, opera affrescata nel XV secolo, appartenente alla primitiva chiesa gotica, mentre i Santi Biagio e Antonio da Padova vennero aggiunti nel 1720 com’è visibile dalla data scritta sul volume giacente a terra. Il Cristo Crocifisso è additabile al pennello del “Maestro del Gotico Cortese” Pietro di Domenico da Montepulciano (lo stato di deterioramento in cui versa l’affresco rende incerta sia la datazione che la tradizionale attribuzione al pittore Pietro Di Domenico da Montepulciano). L’affresco è stato rimaneggiato ed è difficile trovare un accordo tra il lavoro più antico che corrisponderebbe al volto di Cristo (esclusa la parte del corpo con il perizoma) e i personaggi ai piedi della croce aggiunti in seguito. Infatti, al posto delle figure tradizionali di Maria e san Giovanni, ai lati della croce sono raffigurati in ginocchio adoranti il vescovo san Biagio martire con l’attributo del pettine per cardare la lana e sant’Antonio da Padova con il giglio, e con il libro della Bibbia ad indicare la sua profonda conoscenza e predicazione della parola di Dio. Sullo sfondo appare una visione fantasiosa della città di Gerusalemme. Nella cimasa mistilinea la gloria del trigramma del nome di Gesù, IHS, in un’ostia raggiata.

A sinistra dell’altare si vede la “Deposizione dalla croce”, dipinto su tela del Seicento che riunisce i due episodi della Deposizione dalla croce di Cristo e della Pietà, cioè il corpo del Signore in grembo alla Madre. Un personaggio sta cercando di vincere il rigor mortis del cadavere di Gesù per poterlo collocare sul lenzuolo. Non è consueto trovare questo gesto nell’iconografia e la sua presenza indica una particolare attenzione all’osservazione della realtà da parte del pittore. Nel cartiglio affrescato sopra la pala sono raffigurati alcuni dei segni della Passione di Gesù, mentre altri sono portati dai Cherubini:  l’angelo di sinistra il velo della Veronica, mentre quello di destra la tunica e i dadi con cui i soldati se la disputarono ai piedi della croce; nella volta la gloria della croce accompagnata dalla scritta “Crux fidelis, inter omnes/arbor una nobilis”. Quindi, è lecito supporre, per la corrispondenza dei soggetti, che la pala si trovi nella sua collocazione originaria.

Dalla parte opposta vi è il quadro dell’ “Assunzione” della Vergine portata in cielo dagli angeli. A differenza della tradizione iconografica e della pala dell’altare maggiore raffigurante il medesimo soggetto, qui Maria non ha lo sguardo rivolto al cielo e le braccia sono aperte in segno di intercessione per i fedeli che rimangono in questo mondo.

IL PULPITO

La tribuna non ha subito manomissioni. La decorazione del pulpito è tipicamente settecentesca e si possono notare alcuni interessanti particolari: l’eleganza del drappo finemente ricamato per coprire la porta d’ingresso e la colomba, simbolo dello Spirito Santo, che orna la parte superiore del baldacchino.

LA CAPPELLA DI CRISTO RE

Questo altare è dedicato a Cristo Re, la statua di Cristo Re venne posta in loco intorno al 1920; prima vi era un dipinto su tela raffigurante la Madonna della Concezione e altre figure di Santi, la tela è stata restaurata per merito di Don Roberto Peccetti e giacente in chiesa in attesa di una adeguata collocazione. L’inserimento della statua ha interrotto la bella sincronia degli altari e ancora oggi è impossibile riportare il tutto come prima.

LA CAPPELLA DI SAN FRANCESCO DA PAOLA

Anche questa cappella era un Beneficio del conte Angelo Perozzi: la pala dell’altare, acquistata probabilmente a Roma, fu sistemata nella cappella nel 1774. Il quadro rappresenta la visione di “San Francesco di Paola”, il simbolo della carità cristiana. Il santo è inginocchiato con le mani disposte a croce sul petto in segno di accettazione della volontà divina; davanti a lui il bordone e la bisaccia che ricordano le sue peregrinazioni apostoliche. Nel quadro si vede, inoltre san Michele Arcangelo che gli suggerisce il motto dell’Ordine Religioso Mendicante, detto dei Frati Minimi da lui fondato, ossia CHARITAS. In basso a destra un angioletto trattiene un agnello: è un rimando storico ad un agnellino, di nome Martinello, che il santo amava tenere sempre con sé come compagnia, ma è anche un importante riferimento simbolico all’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo, cioè Gesù Cristo. Purtroppo non si conoscono gli artisti che hanno dipinto le raffigurazioni delle Cappelle del “Sacro Cuore” – in cui era posta l’Immacolata concezione del XVII sec.  – e di “San Francesco di Paola” dello stesso periodo storico del quadro precedente.

LA CAPPELLA DI SANT’ANTONIO ABATE

La pala oggi sull’altare proviene dall’Oratorio della Madonna della Misericordia detta comunemente di “Sant’Antonio Abate”. La tela e l’altare ligneo, intagliato e dorato, furono trasportati nella chiesa di Santa Maria Assunta nel 1774. Il pittore fiammingo Ernest Van Schayck, che realizzò il quadro nel 1609, era attento  anche ai particolari naturalistici: la firma dell’artista è posta proprio sotto ad alcune roselline. La croce rossa e bianca, dipinta sopra una superficie azzurra, emblema del Gonfalone, si trova alla base delle colonne e nella parte più bassa del dipinto. La devozione a sant’Antonio Abate era molto sentita fin dal Medioevo e il trasporto del dipinto nella chiesa di Santa Maria Assunta nel Settecento testimonia la sopravvivenza della devozione al Santo. All’interno della cappella di sant’Antonio Abate  si possono leggere nelle pareti destra e sinistra i nomi dei Benefattori che hanno contribuito alla nuova decorazione interna dopo i disastri della Seconda Guerra Mondiale.

Secondo l’attestazione dello storico Mario Filippi, la chiesa della Madonna della Misericordia e di S. Antonio Abate si trovava nella zona detta Contrada del Pubblico Palazzo, ossia il Palazzo comunale, come viene indicato nella pianta topografica di Filottrano, disegnata prima del 1796. (“Assistenza e Beneficienza a Filottrano attraverso i secoli”, 2012)

IL BATTISTERO

In fondo alla chiesa, sulla destra si trova il Battistero. L’esterno è caratterizzato da una facciata in cotto a due ordini, divisa da paraste e terminante con un contorno a curvilinee.

LA CAPPELLA DEL SUFFRAGIO

La prima Cappella a sinistra del Presbiterio è detta “Altare del Suffragio” o “Altare della Madonna della Colonna”, il nome della cappella deriva dal fatto che nel 1665 era stata affidata alla cura della Confraternita del Suffragio, dal Preposto Don Angelo Gentiloni. In essa si trova un interessante affresco del secolo XV, della precedente chiesa medievale, l’unico conservatosi. La Madonna è raffigurata con il Bambino, Maria guarda benevola verso i fedeli, mentre Gesù, come ogni infante, afferra realisticamente il seno della Madre per succhiarne il latte. Il lacerto è detto “Madonna della Colonna” perché si ritiene sia stato eseguito su di una colonna dell’antico tempio gotico. Purtroppo il frammento decorativo è limitato, perché ricoperto dal marmo e sul manto della Madonna sono state aggiunte successivamente delle stelle.

Nella cappella sono presenti due quadri donati dal conte Angelo Perozzi alla chiesa di Santa Maria Assunta agli inizi del Settecento (sulle cornici si vede lo stemma del casato nobiliare). Il donatore probabilmente acquistò le due opere a Roma dal medesimo pittore, Gerolamo Troppa (1637-1733), allievo di Giacinto Brandi (scuola romana). A sinistra dell’affresco il quadro dell’ “Annunciazione”: Maria è in preghiera, su un sontuoso inginocchiatoio riccamente scolpito; la colomba dello Spirito Santo aleggia su di lei, l’Arcangelo Gabriele appare sulle nuvole.

Dalla parte opposta la “Nascita di Maria”: sant’Anna porge la piccola Maria in fasce a una donna inginocchiata, mentre le sfila le bende. Invece, san Gioacchino, quasi al centro della scena, rivolge gli occhi al cielo in segno di lode a Dio. Il dipinto è attribuibile al pennello di Simone Cantarini da Pesaro.

LA CAPPELLA DEL SACRO CUORE O DELL’IMMACOLATA

LA CAPPELLA DELLA NATIVITA’ DI MARIA

La cappella conserva un elegante dipinto seicentesco che rappresenta la “Nascita di Maria”, attribuito ad Angelo Alari dall’archivista Luciano Egidi nel volume “Filottrano da Terra a Città – 1790-1990” . All’interno di uno scenario architettonico barocco, sant’Anna accudisce Maria Bambina, mentre san Gioacchino si sporge per aiutarla. In primo piano alcuni santi contemplano la scena: san Giovanni con una penna in mano regge nella sinistra una tavoletta per scrivere, san Girolamo in meditazione chino su un grande libro aperto, san Francesco d’Assisi in contemplazione.

CAPPELLA DEL RINGRAZIAMENTO

Sempre sul lato sinistro vi è l’Altare della Comunità”, così nominato, avendo la comunità di Filottrano provveduto alle spese, in ringraziamento a Maria Vergine per il pericolo scampato dal terremoto verificatosi nel 1703. La tela, raffigurante “Il trasporto della Santa Casa di Loreto”, fu commissionata a Pietro de Pietri (+1716 circa), pittore vicino al marchigiano Carlo Maratta. Il dipinto rappresenta la Madonna e il Bambino Gesù seduti sopra la Santa Casa trasportata dagli angeli da Nazareth a Loreto; Filippo Neri, inginocchiato in paramenti sacerdotali, indica con la mano i fiori che offre alla Vergine, anche, a nome dei fedeli in preghiera. Nella stessa scena, si riconoscono san Nicola da Tolentino con la stella sul petto e il libro della regola, san Francesco Borgia con la corona rovesciata, simbolo della rinuncia alla successione nobiliare per intraprendere la via della sequela del Signore in un ordine religioso, san Giacomo della Marca con il calice da cui esce un serpentello. Questa iconografia ricorda un tentativo di avvelenamento del santo da parte dei Michelisti (dal nome di Michele da Cesena, superiore generale dell’Ordine) che San Giacomo aveva attaccato con uno scritto “Dialogo contro i fraticelli”, rivelandone l’immoralità e l’ipocrisia con cui ingannava la gente. Il fatto avvenne nel convento della Romita di Cupramontana, ma mentre stava celebrando la messa a Maiolati disse: “…stavo bevendo dove era stato messo il veleno, ma invocando il nome di Gesù non ne riportai alcun male”.

Al riguardo si potrebbero richiamare le parole di Gesù riferite ai missionari del Vangelo: .“…prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno” (Marco 16, 18-19).

LA CAPPELLA DELLA MISERICORDIA

L’Altare, completamente il legno intagliato e dorato, contiene una magnifica opera pittorica raffigurante “Madonna della Misericordia o del Gonfalone”, uno dei dipinti più importanti della Prepositura, opera del fiammingo Ernst Van Schayck (1575-1631). La pala è stata trasportata nella chiesa parrocchiale nel 1773 in seguito alla demolizione della chiesa della Confraternita di Santa Maria della Misericordia. Si può presumere che l’uomo con la barba raffigurato nel quadro sia Aristide Gentiloni, menzionato nella nota del pagamento a Ernest Van Schayck, il 21 dicembre 1609. Gli uomini con il cappuccio bianco sono i “sacconi”, ossia i confratelli che compivano opere di carità, ma non volevano farsi riconoscere. La croce rossa e bianca, stemma della Confraternita della Madonna della Misericordia, è ripetuta alla base delle colonne e nell’altare dipinto sulla tela e rappresenta il simbolo della missione svolta dalla Confraternita nella comunità.

La devozione dei Francescani a Maria è ricordata a tutta la comunità, anche, da un’immagine votiva realizzata nel Seicento, ossia la “Madonna dei Cappuccini”.  Il piccolo quadro proviene dall’ex Convento dei frati Cappuccini è esposto provvisoriamente nella cappella della “Madonna della Misericordia o del Gonfalone”.

Bibliografia: M. FILIPPI, “Le Chiese di Filottrano”, M. NATALUCCI, “Filottrano nella storia”. Fonti documentarie: Archivi parrocchiali